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Scenari 2023 in Italia e nel Mondo.

di Matteo Rivolta e Dario Fabbri - Novembre 2022


Di seguito la trascrizione della prima parte del Webinar “Scenari 2023”.

Matteo Rivolta ha intervistato l’analista geopolitico Dario Fabbri.

Nella seconda parte del Webinar invece Matteo si è concentrato sulle migliori strategie aziendali da applicare nel 2023, per continuare a crescere nonostante la situazione di crisi alle porte.

La registrazione della seconda parte webinar la si può trovare a questo link: Webinar "Scenari2023" Seconda Parte


MR: Buongiorno Dario e grazie per avere accettato questo dialogo; Quest’anno noi PMI abbiamo subito una forte spinta inflattiva e una importante crisi energetica.
Ci sono stati aumenti vertiginosi dei costi che pesano sulla cassa delle aziende e sui bilanci del 2022.
Quali sono le prospettive per il costo dell’energia per il 2023?

DF: Buongiorno Matteo e grazie a te per l’invito.

Il punto sarà vedere come siamo messi a marzo. In caso di un mese molto rigido e con gli stoccaggi pressoché vuoti, rischieremmo di avere dei prezzi che vanno alle stelle se la Russia interrompesse la sua fornitura verso di noi. Poi se invece questo non accadesse, i prezzi rimarranno più alti. Molto, ovviamente, di quelli a cui eravamo abituati fino a un anno fa, ma comunque sostenibili.

Allora il problema diventerebbe il prossimo anno. Perché gli stoccaggi vuoti con la Russia molto imprevedibile sarà necessaria una gestione delle forniture.

Noi dovremmo cercarne altre di fonti di approvvigionamento, per fonti intendo Paesi, non tanto fonti di energia in questo senso. E non sarà semplicissimo, anzi, se infatti prendiamo ad esempio l'accordo che abbiamo stretto con l'Algeria pochi mesi fa è un accordo che aumenterà nettamente la fornitura nei nostri confronti, ma non basta.

Saremo quindi chiamati a cercare altri Paesi da cui attingere. Con il rischio che tra un anno il prezzo sia più alto sia ancora più alto.

Lo scenario più preoccupante a mio avviso sarà il 2024, dando poi però per scontato che, così come si dice in inglese: “things have to get worse to get better” e cioè si peggiorerà nell'immediato prima di migliorare.

Perché poi immaginiamo che tra quattro cinque anni, davanti ad uno scenario di questo tipo, gli investimenti a catena per il PNRR dovrebbero aiutare a stemperare un po’ i prezzi fino ad arrivare al medio lungo periodo. Ma questo è molto più complesso che realizzare davvero la transizione ecologica.

Però appunto nell'immediato mi aspetto prezzi più alti e difficoltà maggiori per quanto l’approvvigionamento del gas più nel 2024 che non nell'immediato, nel 2023.

A meno che chiudo questo sia un inverno rigido, soprattutto rigido fino a marzo, allora i rischi sarebbero grandi per quanto riguarda il prezzo del gas.

L’impianto di Tarvisio, in provincia di Udine, dove arriva il gas russo.

Quindi il TAP che passa che arriva in Puglia e parte dall'Azerbaigian, funziona a pieno regime? Sta servendo? Ci è utile?

Si, sta servendo a pieno regime, ed è, in questo momento con la contrazione dell'approvvigionamento russo, una delle fonti principali del nostro approvvigionamento e si pensa anche molto a potenziarlo.

Il punto è che l’Azerbaigian da cui arriva quel gas non è disposto ad aumentare oltremodo la fornitura.

E questa la questione che poi vale per tutti gli altri Paesi; noi siamo diventati così dipendenti dal gas russo poiché la Russia ce lo vendeva ad un prezzo che era quasi sempre lo stesso.

Un po’ perché i gasdotti funzionavano ed erano il modo più veloce, anche geograficamente, per arrivare nel nostro Paese. E poi perché la Russia è in una zona piena di risorse da sfruttare verso l’occidente, verso di noi. Altri paesi dall'Algeria all'Azerbaigian, un po’ meno, il Qatar ha altre priorità geopolitiche, e questo conta molto.

Mettiamoci anche il fatto che il gas che viene dal Qatar via mare costa sempre molto di più, così come quello statunitense, e se un giorno si arrivasse a prendere il gas iraniano in larga misura si andrebbe ad accingere al più grande giacimento di gas del mondo, ma comunque arriverebbe soltanto via mare da parte iraniana, in assenza di un gasdotto del tutto da costruire che dall'Italia giungesse in Europa.

Quindi rispondere alla domanda Matteo si può potenziare il TAP e funziona in questo momento a pieno regime? Credo che il punto chiave sia l’Azerbaigian da cui il gas proviene.

Mappa della TAP.

Cosa ne pensi della polemica che si sta sviluppando intorno alla nave rigassificatore di Piombino; è comprensibile? E anche in questo caso la nave rigassificatore è qualcosa che ci può servire?

Sinceramente la polemica sul rigassificatore io non la comprendo, fa parte della questione del “not in my backyard”.

Di fatto i rigassificatori sono soltanto in mare. Altri paesi li hanno sulla terra, così come per anni si è dibattuto sul TAP che avrebbe distrutto l'ecosistema e il paesaggio pugliese ma non è successo.

Hanno i rigassificatori tutti quanti, letteralmente sulla terra, non si capisce perché noi li possiamo avere soltanto sul mare, peraltro, dopo un lungo dibattito.

In questo momento ne abbiamo bisogno un po’ per il gas del Qatar ed un po’ per quello americano, che arriva verso le nostre coste.

E poi ovvio anche qui costa di più, il gas via mare costa sempre di più non è paragonabile al costo del gas via terra. Quello che arriva via mare è nettamente più costoso.

Ed è questo è il punto della vicenda; al gas russo è giusto averci rinunciato con la situazione internazionale attuale. Però dobbiamo metterci in testa che senza di quello il gas lo pagheremo sempre più alto di prima.

La nave rigassificatore di Piombino, provincia di Livorno.

Ok, quindi, riassumendo non c'è un problema di disponibilità di gas, di quantità di gas per far funzionare le nostre aziende. Ma ci sarà un problema di prezzo d’acquisto?

Esattamente. A meno che, come detto, questo inverno non fosse rigido particolarmente rigido e avremmo a quel punto un problema anche di gas, proprio di quantità tra la fine di febbraio e il mese di marzo, ma ci sarà un problema di prezzo che lo pagheremo di più.

 

La prossima domanda è relativa all’evento shock del 2022, cioè l'invasione della Russia ai danni dell'Ucraina. È stato uno shock perché la maggioranza della popolazione, non credeva che fosse possibile assistere a una guerra tradizionale con i carri armati, i missili, la fanteria, nel 2022, specialmente in Europa. Anche perché, Leopoli da Trieste dista 900 chilometri.

E le domande più frequenti che le persone si fanno è quando finirà e soprattutto come finirà. Cioè è logico che è facile parlare, al caldo dei nostri uffici. Però sicuramente le domande frequenti oggi sono queste quando finirà e come finirà?

Mi sembrano domande oltremodo legittime, ma devo dire che quando finirà e come finirà letteralmente non lo sa nessuno. Ma nessuno si intende neppure tantomeno gli attori coinvolti direttamente non lo sanno i russi non lo sanno gli ucraini.

Adesso abbiamo una fase della guerra composta da quello che sono i russi che hanno annesso le regioni dell’oblast di Kherson, di Zaporizia, di Donets’k, Luhans’k e il Donbass con la parte meridionale dell'Ucraina; immagino che già tutti voi sappiate ormai che un paio di mesi fa sono stati annessi, con tanto di cerimonia e tentativo di trattenerli.

Ai russi è chiaro che più che conquistare nuovo terreno e strapparlo agli ucraini, l’obiettivo doveva essere conservare quello che si è preso fino adesso. E neppure questo sta riuscendo.

Perché la notizia di questa settimana è che i russi stanno lasciando la città di Kherson, che peraltro era l'unico capoluogo di questi quattro territori che controllano nei quattro Oblast che ho citato.

Kherson tornata all’Ucraina dopo il ritiro delle truppe russe.

Un ritiro in condizioni di combattimento è davvero molto complicato, perché ci si espone al fuoco del nemico quindi e lo si fa con grande cautela. Ma ormai si fa, è stato annunciato e questo sta avvenendo.

Che vuol dire? Che i russi si posizionano sulla sponda meridionale del fiume Dnipro, spostandosi appunto dalla città di Kherson a sud, e in questo modo provano a salvare le vite dei molti loro soldati, perché di fatto da alcune settimane erano chiusi in una sacca dentro la città al fiume, dalla quale non riuscivano a uscire a scappare o a combattere, per recuperare terreno.

E forse c’è anche qualcos'altro, ovvero posizionandosi sulla sponda meridionale del fiume i russi segnalano come la loro volontà a trattare, a negoziare. Ed è questo il punto principale, cioè la Russia in questo momento vuole il negoziato non perché abbia scoperto chissà quale via diplomatica alla risoluzione della vicenda, figurarsi dopo aver invaso l’Ucraina, ma perché è in difficoltà come il giocatore di poker che gioca una partita e vince alcune mani inizialmente.

Poi però che cosa succede? Comincia a perdere, e a un certo punto del gioco inizia a bleffare.

Il modo migliore per la Russia di salvare il salvabile in questa fase è il negoziato, perché in quel caso entra nell'ordine già oggi che una parte dei territori occupati ad oggi dovrà restituirli.

Dal punto di vista russo qui non c'è niente di legale. Come ormai tutti sappiamo è entrata nell'ordine delle idee di doverli restituire, ma se il negoziato partisse adesso visto che ancora controlla circa il 17-18% del territorio nazionale ucraino, compresa la penisola di Crimea. E ce l’ha dal 2014.

La Russia dice: se negoziamo adesso possiamo cedere 1/3 di questo, ma comunque una buona fetta del Dombass, ci rimane.

Veniamo alla soluzione, questo è il negoziato sul quale stanno premendo anche gli americani; ci sono già in corso, dei colloqui tra americani e russi, perché gli americani sono favorevoli a un negoziato.

Perché gli americani vogliono il negoziato? Non perché si siano innamorati dei russi. Figurarsi casomai il contrario…

Per due ragioni, però. La prima è che, sebbene resti molto improbabile, l'opzione nucleare rimane possibile. Cioè nel caso in cui davvero la Russia finisse con le spalle al muro, nessuno può escludere che prema il pulsante rosso.

Certo, gli americani vogliono evitare di trovarsi a combattere una guerra che a quel punto sarebbe convenzionale e contemplerebbe la risposta degli americani in una guerra sul territorio ucraino.

Adesso, come sappiamo, sono molto impegnati con gli aiuti militari, con l'addestramento delle truppe ucraine, con i satelliti mobili forniti da Elon Musk, con intelligence militare e con gli armamenti, eccetera. Ma fare una guerra convenzionale sul terreno è un'altra cosa e se la vogliono risparmiare.

La seconda ragione è perché sono convinti che senza l'intervento diretto degli Stati Uniti, che è quello che non vogliono realizzare, l’Ucraina tutti i territori che si sono presi i russi, non riuscirà a recuperarli, e allora tanto vale negoziare.

Il punto è che gli ucraini, al momento non sono per niente d'accordo e chiedono agli Stati Uniti e all’occidente allargato altri armamenti perché dicono proprio adesso che stiamo recuperando terreno, che stiamo imponendo delle sconfitte anche importanti, tattiche alla Russia non potete obbligarci al tavolo delle trattative perché questo distruggerebbe il nostro momento favorevole.

 Avrete notato come nelle ultime settimane, spesso a mezzo stampa, gli americani abbiano lasciato filtrare sui loro giornali e televisioni, dichiarazioni, come spesso fanno, tramite messaggi anonimi della Cia e del Pentagono che invitano o l'Ucraina a trattare, oppure prendono le distanze da alcune manovre che si stanno realizzando, come ad esempio, hanno spiegato che l’attacco al ponte di Kerch che un mese fa è stato realizzato soltanto dagli ucraini, e gli americani non solo non sapevano niente, ma non erano neppure favorevoli.

Così gli stessi funzionari anonimi a mezzo stampa, hanno dichiarato che sono stati gli ucraini a uccidere la figlia di Alexander Dugin. Anche qui il Pentagono ha detto “Noi non avevamo niente”. E soltanto quando qualche giorno fa, è uscita un'altra dichiarazione anonima di un funzionario americano che diceva che Zelensky deve capire che è il momento di negoziare.

 

Che cosa può portare tutto questo?

I negoziati proseguono in una guerra, anche nei suoi momenti più drammatici. E così in questa non vuol dire che necessariamente portino a qualcosa e anche qua potrebbero non portare a niente.

Però c'è necessità russa e volontà americana di negoziare, ma non è chiara, almeno per ora, la volontà ucraina, ma dobbiamo metterci nei panni di Zelensky. Diciamo è facile per noi nel caldo del nostro ufficio e delle nostre abitazioni, di dire adesso basta, la guerra ci ha danneggiato tutti oltre ad essere ovviamente tragica e drammatica. Non è il momento, non lo era prima. Figuriamoci adesso.

Proviamo a metterci nei panni degli ucraini, che hanno subito un’invasione, che hanno subito massacri, torture, distruzione. Hanno un Paese in ginocchio sul piano dell’infrastruttura già prima non brillava l'economia né per le stesse infrastrutture. E adesso dire loro benissimo, anzi malissimo, quello che è stato stato… Mettiamoci seduti e parliamo…

 

C’è la possibilità che si possa delineare uno scenario di guerriglia permanente?

Speriamo di no. Una guerra a bassa intensità non ci può mai escludere. Quello che si può escludere è una sospensione in assenza di un cessate il fuoco dovuta all’arrivo dell’inverno.

L'arrivo dell'inverno dovrebbe frenare le ostilità e anche la netta diminuzione delle munizioni e degli armamenti, oltre ad una stanchezza e una consunzione che i due eserciti principali quello russo e ucraino hanno subito fino ad adesso.

Poi giusto o sbagliato che sia se gli americani dicessero: (parliamo per ipotesi): “Noi non partecipiamo più”, La guerra finirebbe domani da soli perché gli ucraini non sarebbero in grado di affrontarla in nessun modo, ma gli americani non vogliono abbandonare Kiev e in questo momento premono per un negoziato.

Il segretario di Stato USA Blinken, il segretario alla difesa Austin incontrano a Kyev il presidente dell’Ucraina Zelensky.

Arriviamo a casa nostra. In Italia siamo in una fase dove appunto si è passati dal governo Draghi al governo Meloni, grazie alla vittoria del centrodestra alle elezioni.

Nel 15 giugno del 2021, nel tuo articolo per la rivista Luxury avevi scritto che “il primo obiettivo del Governo Draghi era quello di ottenere i fondi del cosiddetto Recovery Fund, ovvero i finanziamenti garantiti dalla Germania attraverso l'emissione di bond da parte della Commissione europea. La prestigiosa figura dell'ex governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, dovrebbe fungere da garanzia per l'opinione pubblica e il governo tedesco, oltre che olandesi e austriaci.”

Con il nuovo governo rischiamo di perdere i soldi o i fondi del Pnrr sono “tra virgolette” al sicuro?

Questo dipende molto da numerosi fattori.

Indichiamo già una risposta che può essere rassicurante, uno degli obiettivi del governo Meloni è anche lo stesso del governo Draghi, ovvero ripartire e garantire dunque all'Italia i fondi previsti del PNRR, il Next Generation EU, come lo chiamano le istituzioni europee, e tra l’altro come sappiamo siamo il paese che per quantità dovrebbe beneficiare del maggior numero di soldi a fondo perduto o in prestito, ma lo sappiamo tutti, in più tranche.

L’ex Presidente del Consiglio Mario Draghi passa la campanella al nuovo Premier Giorgia Meloni.

Il punto è che il governo Meloni è stato eletto non solo per questa, ma anche per ristrutturare il nostro rapporto con Francia e Germania. Quando la Meloni dice “Rivediamo il patto di stabilità” “Rivediamo il PNRR”, si rivolge proprio alla Germania perché si noi abbiamo i soldi dell'Europa, ma L’Europa da dove li prende, visto che l’Europa non è uno Stato? Serve la garanzia di uno Stato, ovvero di uno Stato solido che possieda la tripla A sui mercati finanziari come la Germania. Nel momento in cui l'Italia vuole rinegoziare questo tipo di accordi, alla Germania si rivolge.

Allo stesso tempo l'Italia teme che la Germania possa tornare all'austerity e possa imporre nuovamente una stretta per quanto riguarda l'erogazione di quei fondi.

Allo stesso l'Italia vuole anche rivedere il suo rapporto con la Francia.

Un po’ perché si ha l'impressione che l'Italia sia un poi dalle indicazioni della stessa Meloni e da altri esponenti del governo in questi anni che l’Italia sia un po’ vittima delle predatorie politiche industriali francesi sul nostro territorio, così come il Mediterraneo, soprattutto in Libia, dove sappiamo Italia e Francia sono su fronti diversi.

L'Italia è a Tripoli, gestita da turchi con i soldati turchi, con i soldi del Qatar.

La Francia, invece, in Cirenaica sosteneva a stare fino a qualche tempo fa insieme ai russi, ai sauditi e agli Emirati.

Per tutte queste ragioni noi vogliamo rivedere anche in rapporto alla Francia.

Ma qui si genera un errore umano di partenza, perché tu non puoi immaginare di sottrarre due rapporti così importanti allo stesso tempo e semmai ancora, non puoi avere due nemici contemporaneamente, come tedeschi e francesi. Devi averne uno dalla tua parte per unire le forze nella interlocuzione con l'altro.

E dunque, visto che è con la Francia che abbiamo obiettivi comuni, avvicinarci alla Francia e fare fronte comune, per evitare che la Germania, tornando all'austerity, interrompa il flusso dei soldi previsti con il PNRR.

In queste prime ore il governo Meloni non si stia muovendo in questo senso. è andato allo scontro prima con la Francia e poi con la Germania per tracciare una linea identitaria sulla questione dei migranti. Mi è sembrato un po’ sterile, perché per non prendere poco più di 200 migranti ha riaperto una crisi diplomatica con la Francia a novembre, che non è la stagione degli sbarchi, ma è anche alla fine, perché tra qualche giorno, tra qualche settimana, il Mediterraneo non sarà in navigabile con barchini improvvisati che poi necessitano ogni intervento delle Ong per portare le persone sulle nostre coste.

A mio modesto avviso, tanto valeva non impuntarsi su questa vicenda e tenere vicino a sé la Francia.

Questi sono gli obiettivi del governo Meloni, principali. Nella politica estera occorrerà vedere come se riuscirà o non riuscirà a perseguirli.

 

Le elezioni mid-term degli Stati Uniti rafforzano la loro immagine? Mi sembrava appannata in quanto, non dico che sembravano fossero sull'orlo di una guerra civile, ma sicuramente il clima era molto pesante, dopo l’assalto al Congresso. Invece mi sembra che in queste elezioni l'aria si sia raffreddata e gli americani pensino sostanzialmente a fare business.

A me pare che si siano stemperate le tensioni interne e non ci sia più quel clima da guerra civile, come hai detto giustamente tu, dopo l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021.

Perché comunque in questi anni, ed è una delle principali ragioni della vicenda, gli Stati Uniti hanno evitato di lanciarsi in nuove guerre, dopo molti decenni trascorsi a combattere guerre inutili.

Una di esse che si è conclusa proprio nel 2021 in Afghanistan, e quindi questo ha stemperato la tensione interna, sebbene rimanga; non è più sulla soglia della guerra civile non so dirti se vogliono soltanto fare business ma rimangono comunque molto concentrati sul loro principali nemici (prima descrivevo quello che stanno facendo in Ucraina e quale effetto sta avendo sulla Russia).

Allo stesso tempo, un po’ con il bando dei semiconduttori nei confronti di pechino, sta mettendo in forte difficoltà la Repubblica Popolare Cinese. Xi Jinping, durante il vertice del G20 di Bali vorrà chiedere a Biden un aiuto, la sospensione di quell’embargo.

Il Presidente USA Joe Biden con il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping a Bali, Indonesia, durante l’ultimo vertice G20.

Gli americani rimangono concentrati sulla Repubblica Popolare; vorrei ricordare quello che è successo lo scorso agosto quando la speaker dei rappresentati Nancy Pelosi volò a Tapei.

A Taiwan gli americani rimangono a protezione dell’isola nei confronti della Cina comunista.

Questo è quindi un momento di maggiore calma interna negli USA, e soprattutto restano tutt’ora inarrivabili per i loro due sfidanti, i russi neanche a dirlo, ma pure cinesi, se la passano discretamente peggio rispetto agli statunitensi.

Sono molto peggio di loro da moltissimi punti di visti da quello economico, strutturale, militare e di collocazione geopolitica.

Per tutte queste ragioni gli americani adesso sono anche più sereni sebbene il clima teso all'interno rispetto a qualche anno fa.


Grazie Dario per la partecipazione a questa intervista. Ci vediamo a Febbraio dal vivo con i nostri studenti imprenditori al primo evento dal vivo di Luxury Academy.

Grazie a te Matteo, è stato un piacere e ci vediamo in aula a Febbraio!  


Matteo Rivolta e Luxury Academy hanno organizzato un corso in aula il 10 ed 11 Febbraio a Milano (presso l’Hotel Principe di Savoia): Margini di Lusso.

Margini di Lusso è un nuovo corso dal vivo inedito, dove al termine del quale avrai in mano una road map che ti consentirà di affrontare il mercato di fascia alta, andando quindi ad aumentare i tuoi profitti e margini, senza perdere quote di mercato e vendite.

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  • Modulo Luxury Sales: La vendita è la chiusura del cerchio, degli investimenti creati in precedenza, ma c’è modo e modo di vendere.

    I tuoi venditori possono essere aggressivi, con la bava alla bocca, dando la sensazione, specialmente a fine mese ed a fine trimestre, di rappresentare un’azienda allo sbando che ha bisogno di quella specifica vendita per sopravvivere.

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