Sonia Peronaci - Giallo Zafferano è stato solo l’inizio

di Barbara Amoroso Donatti - 20 Luglio 2023

Oggi usa il suo nome per fregiare i progetti legati al food che conia con successo e continuità da anni. Ma per lungo tempo è stata la signora di Giallo Zafferano, il primo sito italiano di video ricette pioniere di un modello imitato in lungo e in largo. Sonia Peronaci è un'imprenditrice dalle idee chiare, capace di intercettare i trend del suo settore con largo anticipo. Come? Glielo abbiamo chiesto direttamente, e quello che emerge sono qualità e passione al fianco di un grado di competenza ed empatia non facili da trovare nella stessa persona. E già che c’eravamo le abbiamo domandato della penuria di personale che da qualche tempo affligge il mondo della ristorazione.

Identità e qualità sono due parole chiave che ha usato per raccontare i suoi progetti.

Partiamo dall’identità: quando ha capito chi era e cosa voleva?

“Quando nel 2006 abbiamo creato con Francesco (Lopes, compagno dell’imprenditrice ndr) Giallo Zafferano sapevo cosa volevo realizzare. Conoscendo la mia passione per la cucina molti mi suggerivano di aprire un ristorante, ma avendo visto i miei genitori lavorare nella ristorazione, ero certa non fosse la strada che volevo percorrere. Quando è arrivato il web ho capito che potevo unire le mie ricette a internet: mi piaceva l’opportunità di condividere con tutto il mondo le mie idee. Giallo Zafferano da subito ha avuto l’obbiettivo di diventare un lavoro, non un hobby. Sapevo che in Italia i tempi erano prematuri per un progetto del genere a differenza di America, Francia, Inghilterra. Allo stesso tempo ero certa che il tempo sarebbe arrivato. Siamo stati dei precursori, nel 2006 le aziende non erano pronte, non sapevano come sfruttare il potenziale del web. Quando però i tempi sono stati maturi, noi eravamo già ben posizionati”.

L’altra parola che caratterizza il suo lavoro è qualità: i suoi format garantiscono sempre risultati corretti e precisi. Come si costruisce un prodotto di alto livello?

“Vedevo in giro tante ricette tutte testuali con poche immagini, per lo più dei database che le aziende utilizzavano per fare un po’ di soldi, tutti uguali, senza anima. Oppure punti di riferimento come La Cucina Italiana che però dava per scontato tante cose, come ad esempio come starnare un’anatra, il che rendeva le ricette appannaggio di chi sapeva già cucinare. Io per prima invece volevo qualcosa di provato da qualcuno, con delle immagini, un approccio più semplice. Ad esempio, in questo periodo stiamo studiando la ricetta di un pane messicano. Guardando video e blog abbiamo provato a farlo almeno dieci volte ma non ci veniva uguale. Poi abbiamo intuito che il segreto era nascosto in una sorta di decorazione. Piccolezze che fanno la differenza”.

Si dice che i giovani stiano perdendo manualità nel cucinare, che rischiamo di abbandonare riti e tradizioni: è d’accordo?

“Se parliamo di gente comune che non si occupa di cucina sono d’accordo. Oggi abbiamo tanta scelta siamo diventati pigri: a Milano se vuoi qualcosa di etnico per esempio, ti arriva a casa in mezz’ora. Credo che sia anche frutto del benessere”.

Alla luce di ciò, perché consiglierebbe a qualcuno di imparare a cucinare o di sperimentarsi in una ricetta?

“Per me cucinare è un antistress. Basta osservare come i bambini vi si approcciano. Se ogni mamma dedicasse due ore a settimana per insegnargli a cucinare, gli farebbero un grande regalo, qualcosa che si porterebbero dietro tutta la vita. Anche solo imparare a riconoscere gli ingredienti. Inoltre mangiamo almeno due volte al giorno, cucinando ci prendiamo cura della nostra salute e ci permette anche di risparmiare”.

Tre luoghi comuni sulla cucina italiana.

“Che sappiamo fare solo la pizza, mentre abbiamo una grande varietà di cibi e ricette: potremmo preparare piatti diversi per un mese interno.

Che gli italiani sono bravi a cucinare: non è vero, ci piace mangiare, ma questo non implica la capacità di saper preparare una pietanza. E il terzo luogo comune è che non serve alcuna attrezzatura in cucina. Un minimo è necessaria: se devi tagliare tutto a mano perché non hai il frullatore, cessa di essere un piacere. Non occorrono grandi cose, bastano tre coltelli che tagliano bene, un frullatore, un termometro per friggere meglio. Piccolezze per essere felici di cucinare”.

Una cucina non italiana che l’ha sedotta.

“La cucina vietnamita: piace molto a noi italiani perché è molto varia, salutare, inaspettata e ci sono piatti confortanti che uniscono gusto e salute, a differenza ad esempio di quella thailandese che è buona ma pesante.”

Quella volta che ha mangiato davvero male.

“In Egitto. Mettono quintali di spezie ovunque: dalle uova ai gamberi tutto ha lo stesso sapore, oltre ad avere poca varietà: come musulmani ad esempio non mangiano carne di maiale”.

Passiamo a un altro argomento: la penuria di personale nel mondo della ristorazione. Il mercato del lavoro sta vivendo un momento di cambiamento, molti si licenziano per non sottostare più a condizioni sacrificanti. Eppure cucinare è un lavoro che appassiona ma anche faticoso. Lei ha un team giovane: come fa a tenerselo stretto?

“Forse il Covid19 ha risvegliato alcune esigenze nelle persone, come avere più tempo per se stessi. È vero che nel mondo della ristorazione molti sono stati sfruttati per anni, ma sembra che non si abbia più voglia di fare sacrifici. Noi abbiamo sempre visto nel lavoro una possibilità di rivalsa. La televisione inoltre contribuisce a creare falsi miti: si sente di gente che guadagna fama e soldi nel giro di una sera. A noi non è mai capitato. Occorre una via di mezzo tra non sfruttare le persone e cambiare atteggiamento nei confronti del lavoro. Il momento è comunque di confusione, le persone hanno reagito in modo particolare a cose che nessuno si aspettava, prima la pandemia poi la guerra Russia-Ucraina. Ve bene ribellarsi a qualcosa che non è giusto, ma occorre un modo congruo per risolvere i problemi”.

Sonia Peronaci sarà per sempre la fondatrice di Giallo Zafferano, colei che ha dato un nuovo imprinting all’approccio in cucina. Ma dopo averlo ceduto nel 2015, ha avviato un nuovo progetto anche qui pionieristico, soniaperonaci.it, usando per prima il suo nome per un brand. Una factory a Milano e numerose attività a cui dà vita senza sosta, tra cui qualcosa di nuovo che ha preso vita di recente...

”Abbiamo creato un corso online per aiutare le persone che vogliono sfondare nel mondo del food ad affacciarsi al settore nel modo corretto. Otto mesi con incontri settimanali online e infine tre incontri in factory. C’è molto entusiasmo, il percorso è articolato e ne nasce un bel confronto poichè le persone possono interagire tra loro. Le partecipanti sono per lo più donne tra i 25 e i 60 anni, ed è bello vedere che non c’è un limite per mettersi in gioco”.

Cosa direbbe alla lei all’inizio di questo percorso di successo?

“Di tenere duro perché non è facile, ma arrivano tante soddisfazioni”.

Il lusso che lei si concede?

“Il lusso del bello. Per me è importante stare in un ambiente bello, dove è bello andare a lavorare, bello per i dipendenti, un luogo curato, dove mi sento serena e in pace. Non è una cosa scontata, ed è importante visto che si passa più tempo a lavoro che non a casa”.

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