Gli obiettivi dell’Italia di Mario Draghi

15 Giugno 2021 - Scritto da Dario Fabbri


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Il governo guidato da Mario Draghi è stato incaricato dal Quirinale di perseguire molteplici obiettivi, specie in politica estera.

Per garantire la sopravvivenza finanziaria e geopolitica del Belpaese.

Chiamato a destreggiarsi tra i nostri principali interlocutori, specie tra Germania e Stati Uniti.

Impegno assai complicato che fisiologicamente sconterà le nostre criticità strutturali, fino a mantenerci a tempo indefinito nel limbo.

Primo obiettivo del governo Draghi è ottenere i fondi del cosiddetto Recovery Fund, ovvero i finanziamenti garantiti dalla Germania attraverso l'emissione di bond da parte della commissione europea.
Altrimenti l’Italia rischia seriamente la bancarotta.
La prestigiosa figura dell’ex governatore della Banca Centrale Europea dovrebbe fungere da garanzia per l’opinione pubblica e per il governo tedeschi, oltre che per olandesi e austriaci.

Così, sperabilmente con il sostegno della Francia, Draghi dovrebbe impedire alla Germania di inaugurare tra qualche anno una nuova stagione di austerità, sviluppo che renderebbe impossibile per l’Italia giovare del maggiore lassismo introdotto la scorsa estate dalla Cancelleria.

Compito particolarmente impegnativo che si mostra ulteriormente complesso quando se ne valutano le implicazioni geopolitiche.

Benché sollevata dall’intenzione tedesca di salvare l’Eurozona, Washington guarda con notevole sospetto allo sforzo promesso, fortemente contraria alla possibilità che Berlino possa tramutare in strategica la propria sfera di influenza economica.

A tal proposito il presidente del Consiglio dovrà persuadere gli americani della nostra consapevolezza, dovrà spiegare che siamo interessati soltanto ai soldi garantiti dalla Repubblica Federale ma contrari ad approfondire il nostro ruolo nella catena del valore teutonica.

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Per placare l’eventuale suscettibilità degli Stati Uniti, il governo italiano dovrà mostrarsi distante dai nemici storici della superpotenza, ponendo fine a una stagione di ammiccamenti pericolosi inaugurata dai precedenti esecutivi Conte.

Dovrà plasticamente rinnegare l’apertura di matrice economicistica realizzata in favore della Cina, sostanziata nel 2019 dalia firma sul cosiddetto memorandum per le nuove vie della seta.

Manovra apparentemente in contrasto con la formazione gesuitica di Draghi, che potrebbe rovinare i rapporti con il pontificato di Francesco, platealmente filocinese.

Quindi Roma dovrà segnalarsi come alquanto fredda nei confronti della Russia, storica sponda per il nostro paese anche per negoziare con Washington.

In contrasto con il passato recente ed antico, dovrà mostrarsi fortemente critica nei confronti del Cremlino, specie in dimensione moralistica, terreno su cui Joe Biden vuole condurre strumentalmente gli alleati europei.

La nostra precaria condizione ci impone tali scelte gravose, senza possibilità di sgarrare, almeno in forma scenografica.

Così probabilmente navi della nostra Marina militare potrebbero finire a perlustrare le acque del Mar Cinese Meridionale, proprio su richiesta della Casa Bianca, per partecipare del contenimento marittimo della Repubblica Popolare.

Anche nella speranza di ottenere risultati nel principale dossier della nostra politica estera. Ovvero in Libia, dove sogniamo un intervento americano, militare o diplomatico, contro l’ormai incontrollabile influenza turca in Tripolitania, contro la massiccia presenza russa in Cirenaica. Sforzo che probabilmente gli Stati Uniti non vorranno realizzare, ma che vale la pena di provocare, offrendoci come più realisti del re.

Mosse obbligate che nei prossimi anni il governo Draghi dovrà attuare, tese ad ottenere quei soldi indispensabili per scongiurare il default, possibilmente senza sprofondare ulteriormente nella sfera d’influenza tedesca, senza irritare oltremodo gli Stati Uniti, senza arrenderci alla situazione avversa da tempo presente in Libia.

Puntando inevitabilmente sulla caratura del nuovo presidente del Consiglio, di fatto un brand da spendere all'estero.

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